Quando l’economista e sociologo italiano Vilfredo Pareto definì la “curva di Pareto” dimostrò che il 20% della popolazione inglese possedeva l’80% della ricchezza del Paese denaro. Era il 1897 e la Gran Bretagna un impero che aveva conquistato mezzo mondo.
Dopo oltre un secolo la democrazia occidentale avrebbe potuto creare una maggiore uguaglianza e giustizia sociale. Sicuramente più dei regimi autoritari (che per definizione sopprimono l’equità sociale) che continuano a dominare gran parte delle nazioni e popolazioni mondiali. Oggi il rapporto su base mondiale (e non più su quella britannica presa in esame da Pareto) è diventato 14 a 86. Quindi con la ricchezza mondiale in mano al 14% tenendo però presente che la popolazione è passata da circa due miliardi a 8,5 miliardi di persone. Motivo di grande preoccupazione è la concentrazione della ricchezza negli ultimi due decenni in sempre meno mani, negli “uomini stato”; oligarchi, imprenditori, finanzieri che possiedono ricchezze superiori al Pil di interi Stati e che controllano tecnologie più avanzate e sofisticate di quelle controllate dalla maggior parte degli Stati (tanto per dire, il patrimonio di Elon Musk lo posiziona con il Pil della sessantesima nazione tra le 194, sopra la Finlandia).
Eccoci allora il al titolo di questa riflessione. La prima cosa che ci deve venire in mente quando guardiamo questi numeri, dato che nessuno di noi decide quando, dove, da chi nascere, dovrebbe essere: che culo nascere o rientrare in quel 14%!! Una fortuna immeritata che può però essere bilanciata con il volontariato e la filantropia ma soprattutto investendo in istruzione, cultura, qualità del lavoro.
La nostra bellissima Italia
In mezzo a questo scenario per rimanere coerenti con il titolo, c’è un 0,59% della superficie del mondo che si chiama Italia. Abitato dallo 0,75% dei cittadini del mondo in una situazione geografica e climatica molto favorevole.
Accadono meraviglie, miracoli, soprattutto a livello industriale, agroalimentare, turistico. Ma che vengono vanificati se non sono percepiti e sfruttati. Affinchè questo avvenga è necessario avere una cultura, un interesse ed una curiosità che renda vivi e attuali questi miracoli.
Questa meraviglia si chiama biodiversità.
Siamo il paese più bio diverso del mondo. E’ la stessa biodiversità che abbiamo nell’agroalimentare e che si è trasformata in enogastronomia. Abbiamo 669 formaggi italiani certificati Dop, Igp, Stg, Pat (ottobre 2024). Vogliamo parlare del vino? l’Italia può vantare oltre 400 vini Dop (denominazione d’origine protetta), 73 dei quali Dogc (denominazione d’origine controllata), 118 vini Igt (indicazione geografica tipica): Piemonte e Toscana ne accolgono il maggior numero (58 ognuna), seguite da Veneto e Lombardia. Sono oltre 300 i tipi di pasta consumati e oltre 250 sono i tipi di pane tradizionali in Italia.
La biodiversità agroalimentare riflette e dipende dalla biodiversità umana. Siamo il paese che ha più etnie al mondo. Naturalmente questa disomogeneità è fonte di tanti problemi, ma è anche opportunità da sfruttare e valorizzare.
Girando per il quartiere san Lorenzo a Roma, leggendo i nomi delle vie, ci si rende conto del punto di partenza: Etruschi, Pelasgi, Lucani, Siculi, Rutuli, i Celti. A questi si aggiungono i coloni Greci della Magna Grecia e delle altre colonie greche in Italia. Poi le popolazioni conquistate dall’impero romano che con lo status di schiavi, di legionari o di nuovi cittadini romani si sono insediate nella penisola fino ad arrivare alle invasioni subite dopo il crollo (Longobardi, Normanni, Arabi, Francesi, Spagnoli, Germani, Prussiani, …). Davvero un grande melting pot.
Frutto probabile di questo crogiolo di etnie e di culture, 1.500 anni dopo, è nato il Rinascimento. Dove? in Italia. Tra civiltà mediterranee, impero romano, movimenti monastici, Papato, Rinascimento, Barocco e via dicendo noi oggi deteniamo il 70% del patrimonio artistico del mondo. Nello 0,59 per cento della superficie del pianeta. Ci possiamo credere? Ce ne rendiamo conto? Dunque l’unica cosa da farci perdonare non è la fortuna di nascere in questo Paese, ma eventualmente di non sfruttarne le ricche opportunità e le capacità e le conoscenze che abbiamo sviluppato negli anni e nei secoli.